mercoledì 16 settembre 2009

Val di Vara


C'è stato un tempo in cui la Val di Vara era il centro del suo mondo.
Poi quel mondo le ha voltato le spalle. L'arsenale militare ed il porto di La Spezia, i cantieri navali, le fabbriche, le strade, il turismo sono nati altrove; il lavoro e il divertimento, insomma la vita, è passata altrove.
La Val di Vara è un ampio territorio alle spalle del mare, alle spalle del Golfo della Spezia e dei borghi e cittadine costiere della Riviera di Levante. La Val di Vara per chi non ci viva o non la frequenti è un posto “alle spalle”, che non si conosce o non interessa più. Viene pensata come una specie di “non luogo”. A La Spezia la gente non sa di Varese Ligure, non c'è mai stata; né a Varese né a Maissana o a Sesta Godano o in qualcuno delle diverse decine di paesini che punteggiano i colli, i monti e le piane del fiume Vara. La Spezia è chiusa alle spalle da una cintura di colli, ed i cittadini hanno la vaga percezione che sui colli, come ad esempio al Passo della Foce, finisca il mondo conosciuto, o che valga la pena di conoscere, e ne inizi un altro, più oscuro, senza lampioni lungo le strade, che mette grande senso di vuoto e di tristezza (soprattutto durante i lunghi inverni grigi e nebbiosi).
Un posto dove non c'è niente.
Per gli Spezzini il mondo finisce alla Foce, dove si arriva per cenare in un paio di ristoranti, e se si prova a guardare di là, lo sguardo si perde nell'oscurità. Pensate che qualche anno fa venne aperto un Pub nei pressi del Passo della Foce e fu chiamato “Far Point”, (“Il Punto Lontano”).E pensare che lì inizia un altro mondo, lì inizia la Val di Vara.
E questo è un mondo contadino, di piccoli campi aggrappati ai pendii dei colli e dei monti, dove i contadini strappano a fatica qualche patata dalla terra, o di altri campi, più larghi e più umidi e nebbiosi, sulle piane del fiume o di qualche suo affluente, dove i contadini coltivano anche il granturco (il granon), oltre ai consueti pomodori e patate.....
Sui piccoli campi intorno ai paesi della Val di Vara si tiene qualche filare di vigna e qualche albero di ulivo, ma solo dove il sole scalda un po' anche d'inverno. La Val di Vara è un mondo contadino completamente diverso da quello della Riviera, dalle vigne e dagli ulivi, dai limoni e dalle case gialle e rosa, ben restaurate con tetti fatti da poco con lastre d'ardesia, dai balconi profumati di gerani e gelsomini.
Il mare è lontano e i vecchi, “ai bagni”, ci sono stati forse due o tre volte nella loro vita.
La Val di Vara è un mondo di abbandono: di cascinali mezzi diroccati, di baracche con tetti di lamiere tirate giù dai rovi e dall'edera, di cartelli con la scritta “Sali e Tabacchi”, mangiati dalla ruggine sopra a negozietti di paese, chiusi da decenni.
La Val di Vara è un mondo di silenzio e di vento: durante l'inverno nei paesi si sente soltanto qualche anziano che si lamenta, qualche televisione a volume strepitoso, oppure il rumore del vento che sbatte qualche porta di pollaio o di cantina, o anche il tintinnio, che viene da lontano, dai campi dove bottiglie di vetro vengono legate ai rami degli alberi da frutto per scacciare gazze e cornacchie. I rumori sono rari durante l'inverno. Qualche rumore di passi che scendono una scaletta e la porta di una legnaia che si apre, o lo strusciare leggero delle pantofole di una qualche vecchina imbacuccata in pesanti scialli di lana. Pensate che una domenica pomeriggio di qualche inverno fa la viuzza principale del mio paese, Quaratica, fu attraversata per intero da un capriolo, probabilmente spaventato perché inseguito da cani da caccia.
La Val di Vara è un mondo fermo e triste: una terra dove sui muri lungo le strade principali, vicino ai paesi, vedrete file di manifesti di cantanti di complessi di liscio, di dj da balera, che suonano nelle feste di paese o nei locali, dove al sabato sera si ritrovano giovanotti e ragazzine ma anche cugini più grandi e zii e compaesani di ogni età.
La Val di Vara è un posto in cui d'estate, attraversando in auto un paese, la domenica pomeriggio, potreste sentire musica alta (il liscio) uscire dalla porta aperta su un balcone al primo piano, sopra alla veranda di un bar, e vedere due persone anziane, con vestiti da messa, ballare sul balcone, ed altre persone, più giovani, intrattenersi a bere e chiaccherare ascoltando la musica sotto alla veranda. La Val di Vara è tutto questo, ma non solo..
C'è una frase che diceva mia nonna Assuntina (Suntin) quando guardava i monti e i piccoli paesi sperduti nei boschi della Valle:” a saemu anca l'urtimu sementìn, ma...”. Saremo anche l'ultimo sementino, quello rimasto tra le dita del Signore, e caduto dopo essersi strofinato le mani, dopo aver finito di creare e seminare paesi e città in giro per il mondo, ma....ed in questo ma..., sospeso, c'è tutta la meraviglia del paesaggio, la poesia di questo isolamento, il silenzio sconfinato di monti e boschi. C'è il fermarsi di fronte all'evidenza di questa bellezza, che non c'è bisogno di dire o forse non si riuscirebbe neanche a descrivere; c'è la consapevolezza di essere stati fortunati a nascere e ad aver piantato le proprie radici in questa terra. C'è tutta la dignità della vita contadina e della storia di questi luoghi.
E allora la Val di Vara è anche un posto in cui ancora c'è una memoria; dove ancora ci sono nonni che raccontano fiabe ai bambini, in cui i boschi oscuri si possono vedere dai vetri appannati delle finestre, dove ancora ci sono contadini e pastori che vivono in capanne nel bosco, dove la volpe astuta visita i pollai durante la notte, dove il lupo si aggira tra le ombre degli alberi.
E la Val di Vara è un luogo in cui quando arriva la Primavera si può davvero sentire la vita che rinasce ovunque; dove tutto si ricopre di verde dalle diverse sfumature, tutto si impasta di verde e d'azzurro. Tutto si anima di rumori e suoni.

Nessun commento:

Posta un commento